Pandemia, quali risvolti legali? AISOM ne parla col Prof. Avv. Antonello Martinez

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La pandemia da Covid19 porta con sè risvolti legali per l’attività delle imprese? AISOM se lo chiede in un’approfondita chiacchierata – naturalmente, a distanza fisica – con il prof. avv. Antonello Martinez, fondatore e titolare dello Studio Legale Associato Martinez & Novebaci di Milano, noi intervistato proprio in quanto Presidente Associazione Italiana Avvocati d’Impresa, per lanciare uno sguardo sui risvolti legali, con particolare attenzione alla contrattualistica commerciale, della corrente emergenza da infezione innescata dal Coronavirus SARS-CoV-2.

Antonello Martinez, classe 1954, sardo di Oristano ma dal 1987 opera a Milano dove ha fondato uno Studio che porta il suo nome (Martinez & Novebaci). Dal 1999 è Presidente nazionale dell’Associazione Italiana degli Avvocati d’Impresa, una tra le più importanti associazioni Italiane forensi fondata nel 1947. E’ autore di numerosi libri e pubblicazioni di Diritto, è stato per circa dieci anni assistente alla cattedra di Sociologia del Diritto dell’Università Statale degli Studi di Milano, Professore a contratto presso diversi Atenei Italiani in Diritto della Comunicazione e dal 2014 al 2018 è stato Magnifico Rettore dell’Università internazionale Ludes. Insignito di numerosi premi è stato Consigliere giuridico parlamentare e dal 2010 è rappresentante ufficiale del Dipartimento Economico del Governo di Dubai in Europa.

Avvocato, qual è la Sua visione da giurista sull’impatto del COVID-19 nei rapporti tra le imprese e tra i privati?

In una sola parola? Squilibrio. Ovverosia quella condizione di normalità e di perequazione tra le prestazioni contrattualizzate che ora viene gravemente minata da un accadimento al di fuori della volontà dei paciscenti. Assistiamo così a una reviviscenza degli istituti (spesso considerati “accademici”) della forza maggiore e dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, e, nei risvolti più pragmatici, ci si trova a dover affrontare le problematiche e i dubbi derivanti da una mancata consegna, da un pagamento sospeso, o da recessi e risoluzioni contrattuali.

Il COVID-19 può sicuramente comportare criticità o impossibilità all’adempimento (anche per via delle restrizioni governative, il c.d. factum principis); tuttavia il rischio più grande è che i richiamati istituti vengano strumentalizzati o applicati senza ponderarne requisiti e conseguenze, ed è qui che si rende necessaria l’assistenza di un professionista: non tutte le situazioni possono essere affrontate o giustificate nello stesso modo.

Provi a spiegarci meglio questo aspetto.

In questi tempi si parla molto di impossibilità sopravvenuta, quella che dovrebbe liberare il debitore. Attenzione però, non è sempre così. Tale istituto ha dei requisiti precisi ai fini della sua applicazione, e vanno valutati caso per caso. Innanzitutto, il riferimento è oggettivo, è alle modalità di esecuzione della prestazione in sé. E impossibile non vuol dire che essa diventa solo più complicata o più sconveniente: significa che il debitore ha un’obiettiva e insormontabile incapacità di portare a termine la sua missione, mancando ogni soluzione alternativa. Ricordiamoci che il suo primo “compito”, in generale, è fare quanto più possibile per finalizzare la propria prestazione, dunque non gli è consentito arrendersi alle prime difficoltà e anzi gli viene imposto di trovare ogni mezzo utile e ragionevole per superarle. Così, l’impossibilità potrà invero essere solo parziale, o temporanea, e dunque non liberare totalmente il debitore, potendo avere anche solo un effetto sospensivo sulla sua obbligazione. Parimenti, potrà essere accettata e pretesa anche una prestazione tardiva, qualora non sia stato convenuto un termine essenziale. Anche le penali previste per il ritardo rientrano in questa analisi: se da un lato pretenderle integralmente potrebbe risultare un abuso di diritti contrattuali, dall’altro non sempre il ritardo sarà giustificato da una semplice complicazione degli scambi commerciali. Insomma tutto dipende da diversi specifici fattori.

Difatti, l’imprenditore è inserito il più delle volte all’interno di una catena contrattuale, in cui è contemporaneamente creditore e debitore nei confronti di altri soggetti. Diventa quindi necessaria una disamina specifica, caso per caso, sulle criticità che potrebbero affliggere i contestuali rapporti. Ad esempio, l’inadempimento di un fornitore, di per sé, non è opponibile al cliente-terzo al fine di liberarsi dalla commessa o giustificare una mancata consegna o un ritardo. Bisogna valutare, in capo al nostro imprenditore, la possibilità di rifornirsi da un diverso soggetto o di ricorrere a mezzi logistici differenti (anche se più onerosi) o di ridefinire i tempi, le quantità o i luoghi di consegna. Parimenti, non sarà sempre scusabile in capo al fornitore la carenza di materia prima ovvero, in capo al cliente, il mancato o ritardato pagamento, quando il servizio non sia stato sospeso. Ciò in ossequio a uno dei capisaldi della contrattualistica: il contratto ha forza di legge tra le parti; le vincola a operare nel modo più diligente possibile al fine di realizzare l’utilità economica reciproca che deriva dall’accordo stipulato. Ciò non esclude rimedi, eccezioni o compensazioni, ma nei limiti dei precisi strumenti offerti dalla Legge, ovvero nel rispetto di un diverso accordo tra le parti.

Dunque quali strumenti pensa siano più utili a un’impresa per affrontare una situazione come quella corrente?

Partiamo da quello più immediato: il contratto stesso. Personalmente, quando imposto un contratto cerco di prevedere ogni evenienza, affinché esso resista alle intemperie del tempo e degli imprevisti, e una delle clausole spesso considerata meno rilevante, oltre a quella richiamante i concetti di bona fides nell’interpretazione e nell’esecuzione dello stesso, è appunto quella relativa alla “forza maggiore” e ai comportamenti che la parte colpita da un avvenimento del genere dovrebbe tenere al fine di proseguire utilmente nel rapporto. Se le parti non hanno già fissato un’intesa in tale sede, l’attuale contesto rappresenta sicuramente un’opportunità – pur inattesa – per rinegoziare in buona fede alcuni dettagli del rapporto (tempi, quantità, cadenza, partizioni della prestazione) mediante una scrittura integrativa (c.d. addendum), anche solo limitata ad affrontare questo frangente.

Sicuramente, è d’uopo che la parte colpita sia diligente nei propri sforzi e soprattutto informi tempestivamente l’altra parte delle criticità attuali o potenziali. La responsabilità dell’inadempimento, infatti, molto dipende dal comportamento complessivamente tenuto.

Attenzione: bisogna valutare le problematiche oggettive afferenti alla prestazione, non alla capacità economico-finanziaria del soggetto. Quest’ultima potrà al più, ad esempio, presupporre un legittimo recesso nelle locazioni commerciali (preavviso di 6 mesi e indicazione estesa dei gravi motivi posti a fondamento), ma non giustificare di per sé una generica inosservanza dei termini di pagamento.

Qualora la situazione sia insostenibile in ragione del tipo di attività e di aggravi sopravvenuti (forza lavoro, mezzi, materie prime), si potrà richiedere, quale extrema ratio, la risoluzione del contratto, che si auspica sia consensuale; in caso di attriti o incomprensioni sulle partite di chiusura, potrebbe rendersi necessario adire l’Autorità giudiziaria o, per una più rapida definizione, ricorrere agli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (opzione che sempre più spesso viene inserita nei contratti commerciali e che rappresenta un valido supporto in ragione delle tempistiche e della maggiore vicinanza del mediatore alle vicende dell’impresa).

In ogni caso, vista la specificità di ogni singola circostanza, l’assistenza legale stragiudiziale si rende quanto mai opportuna e permetterà anche un confronto più costruttivo con i legali dell’altro contraente.

Cambiando prospettiva, vi sono rischi e risvolti di tipo penale per le imprese di fronte a questa situazione?

Sì: il D.Lgs. n. 231/2001 ha introdotto la c.d. responsabilità penale degli enti, e punisce reati come quelli di omicidio colposo e lesioni personali colpose in conseguenza di una violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. Le sanzioni sono importanti, da quelle pecuniarie sino a quelle interdittive.

È quindi compito dell’imprenditore agire con zelo e tempismo, innanzitutto attuando una revisione del Documento di Valutazione dei Rischi in funzione del rischio biologico. Parimenti, dovranno essere previste procedure atte a limitare le opportunità di contagio, anche e soprattutto mediante l’introduzione di Dispositivi di Protezione Individuale adeguati al tipo di attività e alle mansioni dei lavoratori, la previsione di eventuali corsi di formazione, l’incentivazione di modalità di telelavoro (smart working e remote working) o di teleconferenza con i clienti, la contingentazione di assembramenti e di ingressi di personale non necessario o una maggiore turnazione dello stesso e degli avventori. Il grado di responsabilità dell’imprenditore dipende dalla diligenza con cui si è attivato per scongiurare l’evento previsto dalla norma, fermo restando il principio di causalità intercorrente tra l’accadimento e la violazione della regola di condotta che mirava a evitarlo.

Quali opportunità intravede dunque per le imprese quindi in un momento così difficile?

Quella vigente costituisce sicuramente un’occasione per rivedere al meglio la propria contrattualistica e strutturarla, anche pro futuro, affinché recepisca i rischi e le responsabilità evidenziate e resista a queste evenienze, soprattutto considerando che le problematiche derivanti dalla corrente emergenza non cesseranno a breve né senza strascichi, ma vi sarà sempre più bisogno di regolamentare i rapporti nel dettaglio e nell’ottica della maggior sicurezza di tutti i soggetti coinvolti, prevedendo e soprattutto contrattualizzando strategie e procedure preventive.

Inoltre, vi sono misure di accesso agevolato al credito (v. il D.L. n. 23/2020) e forme di cassaintegrazione, che però è bene affrontare sempre con il supporto di professionisti di fiducia.

Comunque, da Avvocato, penso che anche di fronte a una crisi come quella attuale, che rischia di stravolgere ogni tipo di rapporto in essere, il Diritto offra sempre validi strumenti per affrontare, interpretare e superare le criticità, se pensiamo che l’impostazione codicistica risale al 1942 e rimane tuttora valida e solida.

In ogni caso, tutto può fare la buona fede delle parti e la volontà di cooperare per superare i momenti di complessità: il Diritto, cioè, non dovrebbe essere visto come una raffinata modalità di guerra, ma come forma strutturata di utilità reciproca per un fine comune.
Per aspera ad astra!

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