Intervista a Gabriele Schiavone: Brexit sì, Brexit no, cosa succederà alle imprese italiane

GabrieleSchiavone

In questi giorni si avranno le decisioni del Governo inglese in merito ai tempi della Brexit e molte imprese chiedono giustamente di percepire i toni sul posto senza le eventuali disamine a consuntivo dei giornali.

E quindi, per saperne di più, abbiamo incontrato Gabriele Schiavone, Founder e Director di SGS & Partners, Studio di consulenza societaria e tributaria con base a Londra.

Al dott. Schiavone abbiamo rivolto alcune domande per meglio comprendere la situazione, pur nell’incertezza del momento, direttamente dal punto di vista “privilegiato” di chi opera e fa business sulla piazza di Londra.

Brexit rimane un mistero, ma realmente cosa pensano gli inglesi al di là delle mosse del governo?

Al di là degli slogan politici, è importante fare chiarezza ed evitare allarmismi ingiustificati. Brexit sta creando certamente incertezza nelle scelte degli investitori e dei consumatori, con un impatto negativo sulle prospettive di crescita, pur non essendoci alcun segnale di decrescita economica. La decisione da parte di talune banche e di alcune multinazionali di allocare i nuovi investimenti in altri Paesi europei (peraltro in merito, l’Italia ne sta raccogliendo meno delle briciole) appare di scarso impatto economico in termini assoluti. In altre parole, l’economia britannica continua imperterrita nel suo percorso di consolidamento e credo anzi, una volta trascorso un periodo di assestamento post Brexit, non è da escludere che riprenda a crescere con maggior vigore. La comunità business inglese rimane fiduciosa nelle prospettive di crescita future e anche i cittadini inglesi, per quanto si percepisce, manifestano fiducia, anche se soprattutto a Londra, dove la comunità di expatriates è molto forte, il clima di incertezza, legato essenzialmente al tema delle nuove procedure di immigrazione e residenza, sta generando malumori.

Cosa converrebbe alle imprese inglesi nei loro rapporti con il commercio europeo e mondiale?

Il governo inglese e le autorità preposte hanno gia individuato la strada maestra: rafforzare le relazioni politiche ed economiche non solo con i Paesi appartenenti al Commonwealth ma anche con gli altri Paesi extraUE, utilizzare lo strumento dell’accordo bilaterale per regolare i rapporti economici con i singoli Paesi, rafforzare l’appeal del sistema economico inglese favorendo investimenti e imprese.

In particolare, gli accordi bilaterali copriranno differenti aree d’interesse (non solo quindi aspetti economici ma anche immigrazione, diritti reciproci dei cittadini, scambi culturali) e saranno inspirati da una unica logica e da un unico interesse ovvero quello di mantenere inalterato lo status giuridico ed economico attuale.

Infine, fuori dalla UE, il Regno Unito potrà attuare politiche di finanza pubblica non condizionate dalle regole di derivazione comunitaria: il governo ha già annunciato (ed iniziato ad applicare già dal 2019) un taglio dell’aliquota della corporation tax dal 20% al 18% mentre, non essendo più soggetta ad esempio alla cosiddetta disciplina europea sugli “aiuti di stato”, dovrebbe avere maggiore libertà di manovra nella strutturazione di incentivi fiscali ed interventi di finanza pubblica.

Quali vantaggi o svantaggi per le imprese italiane nel caso di una Brexit totale?

Occorre premettere, fin da subito, che il business tra Regno Unito ed Italia è destinato a continuare così come l’interscambio sociale e culturale, nonché di persone. Le imprese italiane non possono permettersi, in un contesto economico difficile come quello che sta attraversando l’Italia, di perdere, neanche in minima parte, un partner come quello inglese. Il Regno Unito è il quarto partner commerciale per quanto riguarda l’export per l’Italia, per un valore di circa 23 miliardi di euro. Vorrei anche sottolineare che il Regno Unito rappresenta una meta privilegiata per molti dei nostri prodotti, come food, abbigliamento, fashion&luxury, meccanica, ecc. L’Italia inoltre esporta in maniera massiccia, passatemi l’espressione, “capitale umano”, con un evidente e importante riflesso positivo, sia diretto (rimesse) che indiretto (minori disoccupati), nei confronti dell’intero sistema Paese Italia.

Pertanto, per le imprese italiane non vi è altra soluzione che cogliere le sfide che comporterà Brexit ed adeguarsi, laddove necessario, con maggior rapidità possibile, al nuovo contesto normativo. Peraltro, ipotizzando una crescita delle relazioni economiche tra il Regno Unito e i Paesi extraUE, Londra potrebbe verosimilmente costituire un punto di ingresso, un ponte, verso le grandi economie dei Paesi emergenti.

Mi auspico non solo che questa necessità, e direi pure opportunità, sia percepita con grande attenzione dalle imprese italiane ma anche che a livello governativo, cresca la consapevolezza dell’importanza del mercato inglese per l’intero sistema Paese (negoziando, ad esempio, con la massima sollecitudine, e nel rispetto delle normative e delle prerogative comunitarie, un accordo bilaterale soddisfacente per entrambi i Paesi).

Quali saranno i comparti economici più colpiti dalla Brexit?

Le imprese italiane che esportano beni potrebbero subire un incremento dei costi derivanti dall’introduzione di barriere doganali; in particolare, mentre l’IVA all’import rappresenta un costo finanziario gestibile, l’introduzione di dazi su determinate categorie merceologiche potrebbe invece avere un effetto incrementativo sul costo finale dei beni. I settori più importanti per l’export italiano sono quello meccanico (e macchinari in generale) per circa 6 miliardi, l’abbigliamento e la pelletteria in generale (per circa 2,5 miliardi) e infine l’alimentare (2 miliardi). (Fonte: www.infomercatiesteri.it)

Difficile tuttavia fare valutazioni in questo momento sull’impatto complessivo di Brexit. Sicuramente, esportare verso il Regno Unito sarà un pò più complesso ma conveniente come prima. Altra tematica critica è l’accesso al mercato del lavoro, che Brexit potrebbe invece influenzare notevolmente, riducendo soprattutto la possibilità di attingere con facilità alla forza lavoro proveniente dai Paesi comunitari. Alla luce di quanto appena detto, occorre verificare con molta attenzione le supply chains al fine di ottimizzare i processi produttivi.

 

Ringraziamo il dott. Schiavone per queste considerazioni, che individuano luci e ombre di una situazione in divenire, in cui emergono però opportunità per le imprese italiane in grado di coglierle con lungimiranza.

Il dott. Schiavone organizza il prossimo 4 aprile a  Milano un incontro su “Italia-UK: scelte strategiche, finanza e fiscalità nella prospettiva post Brexit”, qui il link per dettagli e iscrizione.

 

 

Gabriele Schiavone Founder, Chartered Accountant, SGS & Partners

Contatti: www.sgs-partners.com – mail: teamgs@sgs-partners.com

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