Formanotizie.eu – Intervista a Stefano Vergani – AISOM MODELLO VINCENTE PER FARE RETE IN MODO MODERNO

stefano vergani

Da quando la crisi economica ha impattato sulle aziende nazionali, con quasi 2000 aziende chiuse al giorno, abbiamo assistito di conseguenza anche alla crisi delle varie Associazioni di categoria e dei vari modelli di rappresentatività. La sfiducia nei confronti del mondo dell’associazionismo è derivata da tanti

fattori: quote associative troppo onerose visto il periodo, disallineamenti organizzativi, servizi non all’altezza di aziende che hanno pressanti e necessità quotidiane e tempi di reazione stringenti, gestioni strategiche ed organizzative non indenni da ombre o inefficienze. Eppure, nonostante queste premesse, nel panorama nazionale si è assistito però a fenomeni in netta controtendenza come a testimoniare la concreta possibilità di combattere la crisi anche in momenti durissimi come quelli vissuti attualmente.

Intervistiamo Stefano Vergani, Presidente di AISOM- Associazione Nazionale delle Imprese- che ci spiega come la sfida della globalizzazione e della stagnazione dei mercati si possa affrontare a testa alta grazie ad un modello efficiente di network tra imprese.

Presidente Vergani, come si spiega questo Vostro successo di aggregazione in un momento in cui molte aziende abbandonano il mondo associativo?

La risposta è nei fenomeni che hanno determinato la nostra stessa nascita. I membri fondatori si trovavano nelle identiche condizioni di tutte le altre imprese italiane e hanno deciso di dare risposte concrete per la sopravvivenza stessa delle loro aziende: credito, assistenza pratica, internazionalizzazione, sostegno interno (visto che molte aziende hanno come mercato primario quello domestico) secondo due direttrici primarie: 1^ fare gruppo, conoscendosi e fornendo un approccio di maggiore convenienza alle aziende del network; 2^ unire gli sforzi per il bene comune. Abbiamo scelto una organizzazione iniziale molto spartana, con un direttivo di titolari di imprese focalizzato sugli interessi comuni. Gli stessi imprenditori sono stati “funzionari” della macchina organizzativa. Il tam tam seguente alla fondazione ha generato un corto circuito virtuoso che ha portato via via ad allargare giorno dopo giorno il numero degli associati.

Voi siete nati come associazione territoriale (ndr, AISOM stava infatti per associazione delle imprese del sud ovest milanese), come si è sviluppata poi l’evoluzione ad associazione a carattere nazionale?

Quando abbiamo fondato AISOM ritenevamo di poter completare un mosaico di associazioni territoriali afferenti all’attuale città metropolitana di Milano con l’obiettivo di unirci ad un progetto comune di federazione di associazioni, ma
poi, dopo diversi contatti, abbiamo notato come altre associazioni mostrassero disallineamenti operativi rispetto alle intenzioni ed una scarsa effettiva voglia di creare un modello federativo basato su diritti egualitari. Quindi è stato gioco forza pensare diversamente. L’occasione ce l’hanno data decine e decine di imprese, clienti o fornitori o amici di imprese già associate, che, avendo rilevato l’efficacia del modello, hanno chiesto di entrare nel network anche se si trovavano ad Udine, Novara, Piacenza, Bologna, Firenze, Roma, Genova, Ancona, Bari. Insomma, la notorietà ha contribuito ad accrescere l’adesione.

Come avete risposto alle necessità critiche del credit crunch?

Una prima risposta è stata quella di presentarci al sistema bancario come un gruppo coeso e numericamente ampio. Infatti, se una azienda si presenta da sola alle banche, soprattutto a quelle italiane, viene spesso poco ascoltata. Quando però i numeri crescono, allora le banche sono più disposte ad ascoltare e a sostenere. Di certo però l’attuale condizione e gestione del comparto bancario italiano non ha ancora un posizionamento per noi ideale. Purtroppo, coloro che guidano le banche in Italia preferiscono rischiare ancora nel finanziare imprese di grandi dimensioni per motivi di amicizie, di opportunità, di reciproci interessi, piuttosto che spacchettare il rischio su un numero più ampio di imprese, ma con una diversificazione del rischio stesso. E questo è ancora uno dei grandi mali e difetti delle banche italiane. Fortunatamente però, all’orizzonte si stanno profilando partner stranieri che invece hanno modelli finanziari diversi, meno legati alle prassi bancarie che ben conosciamo. Per questo stiamo lavorando da mesi ad uno dei nostri prossimi progetti strategici.

E per l’estero?

All’estero abbiamo consolidato diversi contatti diretti con le imprese o con loro associazioni. Molte imprese che si sono rivolte a noi avevano speso in passato molto denaro per ottenere zero risultati utilizzando canali governativi ufficiali o società esperte o presunte esperte di internazionalizzazione.

Con AISOM è possibile ormai ottenere contatti e sviluppi in ogni parte del globo, spesso perché gli operatori di quelle aree geografiche sono essi stessi associati con un rapporto di attenzione e costi contenuti legati all’ottenimento di risultati effettivi.

Presidente, le azioni che state portando avanti dimostrano visione e prospettiva. Ma c’è ancora molta strada da fare?

In effetti gli imprenditori possono fare molto, anche più di quello che pensano sia nelle loro possibilità. Di certo, e questo tema rientra nel prossimo progetto, la forza del gruppo si scontra inevitabilmente con l’imposizione delle leggi e delle burocrazie. Tra queste le ataviche difficoltà dello Stato italiano, retto per 40 anni da persone incapaci che hanno portato il Paese nello stato in cui si trova. Le imprese si scontrano con un sistema del lavoro lento e antico, da rendere più dinamico e al passo con i tempi. Di certo l’aumento della tassazione sulle imprese blocca lo sviluppo economico ed è purtroppo una spinta all’evasione fiscale, anche se è falso dire che

Le imprese non vogliono pagare le tasse o pensano solo al profitto. Nel nostro network abbiamo imprenditori che hanno venduto tutto quello che avevano messo da parte nei 25 anni prima pur di tenere aperte le aziende e mantenere i posti di lavoro. Cosa possono fare le imprese? Oltre a pensare al business, devono contribuire a creare un movimento di opinioni e di persone preparate che si impegnino poi direttamente, anche in politica, per invertire la rotta di un sistema che ha fallito sin qui.

Quindi un secondo passo per le PMI italiane sarà quello di avere anche una coscienza politica?

Di certo non potranno più soprassedere di fronte ai legami forti tra politica e grandi aziende che vanno a discapito delle PMI. Fortunatamente, tra i nostri associati questa coscienza politica c’è e sta crescendo. Anche grazie alle nuove generazioni ed anche grazie alla crisi, si rendono conto che la vita dell’azienda si sostiene con la strategie e l’operatività aziendale quotidiana, ma anche con un occhio ad avere una propria sana rappresentatività. Di questo se ne stanno accorgendo anche i lavoratori delle piccole realtà aziendali, i famosi “ sotto i 15 dipendenti”, che hanno diritto anch’essi alle tutele di cui beneficiano i colleghi che operano in aziende da centinaia di persone.

Quali sono i prossimi passi per lo sviluppo dell’AISOM nazionale?

Abbiamo aperto le prime 19 delegazioni provinciali, ma non abbiamo ancora coperto tutto il territorio nazionale. Il prossimo passo sarà quello di vedere associate aziende nelle province dove ancora non esiste una rappresentatività e consolidarla. Le delegazioni provinciali hanno grande autonomia, ma il tutto avviene secondo precisi schemi di democrazia e rappresentatività.

Ma non avete avuto anche voi defezioni o rinunce? O aziende che non hanno poi rinnovato negli anni successivi?

Certo, la nostra organizzazione è un corpo vivente, con la propria fisiologia di aziende che entrano ed aziende che escono, ma, fortunatamente, il saldo è sempre positivo. Su coloro che abbiamo perso per strada possiamo dare diverse interpretazioni, di certo forse avevano capito non correttamente i vantaggi (ma anche oneri ed onori) che derivano dal far parte di AISOM, di certo alcune aziende hanno cercato di utilizzare AISOM come canale di veicolazione dei propri prodotti/servizi più che condividerne lo spirito. Ci sono poi titolari di imprese che pensano che un ruolo importante nell’AISOM sia un nuovo fregio nel proprio CV per vantaggi paralleli personali. Le aziende che abbiamo perso per strada con i loro atteggiamenti o cognizioni si sono autoescluse dal restante gruppo. Posso dire con orgoglio che la forza di coesione del gruppo tiene e le imprese ci sostengono.

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